Movimento 5 stelle: dopo il sogno, il ritorno alla realtà

Finite le tornate elettorali, il clan Grillo è passato dal 25% di febbraio alle espulsioni di oggi

C’era una volta lo Tsunami tour. Eh già, c’era. Perché anche se è passato poco tempo, politicamente molto poco, dal successo elettorale di febbraio, i numeri dicono che l’ondata a 5 stelle si è trasformata in un “risacca tour”. A partire dalle votazioni in Friuli e ancora maggiormente durante la tornata elettorale delle comunali sembra proprio che qualcosa nel clan Grillo si sia rotto. A cosa imputare questo stop? Bè, è evidente che ci sono alcuni punti, alcuni baluardi della strategia politica, che col passare del tempo si sono rivoltati contro lo stesso movimento, che non hanno trovato conferme o che semplicemente non funzionano più.

Contro la stessa definizione che si è dato, il Movimento sta fermo, bloccato su parole d’ordine e slogan che danno luogo ad una contraddizione in essere, un connubio fra l’andare contro le leggi della fisica e la pubblicità ingannevole. Con quel “no” a Bersani e al Pd, si è scelto l’isolazionismo, che tradizionalmente non porta a nessun risultato se non quello di alzare barricate e compattare contro se stessi gli avversari, cosa che si è puntualmente verificata. La politica assomiglia un po’ al calcio, e come insegna, magari poco “decoubertianamente”, Giampiero Boniperti “Vincere non è importante, è l’unica cosa che conta”, e scegliere di stare all’opposizione, nonostante tutti quei voti presi, vuol dire non contare pressoché nulla. Era quello che volevano gli elettori 5 stelle? Vedere per anni i propri parlamentari, lì, solo per votare “No”?

Un altro punto che sembrava fermo è, come qualcuno aveva detto, che il Movimento ruba voti al Pd perché dice cose di sinistra. Ma attenzione, Grillo non “dice” cose di sinistra, lui “parla” di cose di sinistra. Grillo è un leader, un segretario non eletto se non da sé stesso (ma questo si inserisce perfettamente nel quadro politico italiano), di un popolo politicamente nomade. Questo a significare che il bacino di voti, almeno a sinistra (e dove se no? A destra? Io non credo proprio), non è il 25% che il Partito democratico più o meno ha raccolto a febbraio, ma quell’insieme di voti alla sinistra del Pd, partiti o mini-partiti che infatti si sono assottigliati se non completamente spariti, oltre ovviamente a quella massa elettorale di delusi, incazzati, scettici e chi di norma non va a votare o ha smesso di andarci. A riprova di ciò le elezioni amministrative, ben consapevole che si differenziano dalle politiche, hanno dimostrato un po’ ovunque che se a sinistra del Pd si sta a casa dalle urne, Grillo non sfonda più. Nel bacino a sinistra del Partito Democratico il Movimento ha forse già fatto il pieno di voti e la possibilità che quella base si allarghi ancora, è una speranza, per loro, ma non una profezia.

Altro ambito in cui il Movimento non sembra funzionare più, è quello del controllo totale da parte di uno solo. Una forma palesemente dittatoriale che funziona finché i discepoli sono gente comune, al massimo candidati, ma nel momento in cui diventano deputati o senatori, legittimati da un voto popolare, il giochino si rompe. Come l’occhio di Sauron nel Signore degli anelli, Beppe Grillo aspetta che qualcuno indossi il magico anello, che in questo caso è rappresentato dalla libertà di pensiero e di parola, per sguinzagliare i propri fidi seguaci alla caccia del traditore di turno. Caso Gambaro docet. Il risultato è che di questo passo, se l’esperienza del Governo Letta dovesse reggere, alla fine rimarranno Grillo e Casaleggio a fronteggiarsi in un duello come in un western di Sergio Leone, che deciderà chi sarà l’ultimo superstite.

Altro problema è che per adesso a 5 stelle ci sono stati i pisoli di Crimi, il fronte compatto contro giornalismo ed informazione (la stessa informazione presente anche quando hanno raggiunto il 25%) e l’arroganza della professorina Lombardi, specialmente durante lo streaming per le consultazioni davanti al povero Bersani. Quest’ultima cosa è roba buona per menti semplici, per repressi 2.0, ma niente di diverso da quel muro contro muro che tante volte ha rappresentato la politica italiana per tanti anni e che proprio gli ultimi arrivati volevano pensionare. Tra l’altro quello streaming, un copione studiato a memoria dai discepoli e scritto dal “padre”, è uno dei pochi video trasmessi in diretta, perché ben si sono guardati dal mettere in onda quelli dove all’interno del Movimento si parlava di diarie ed espulsioni, di quelli nemmeno l’ombra. Che siano venuti a conoscenza della massima “I panni sporchi si lavano in casa” (e senza webcam!)? Un altro punto che ormai non sembra più così fermo.

L’antipolitica, sempre che si possa ancora considerare tale quella M5s, ha una kriptonite, che seppur molto rara esiste: la buona politica (naturalmente suffragata da una congiuntura economica migliore di quella attuale. Non c’è ideologia che tenga di fronte ad un portafogli più pesante). La scelta di non “mischiarsi” porterà e ha già portato a lasciar in mano ai tanto odiati politici di mestiere il pallino del gioco, e se il loro, alla fine sarà stato un buon gioco, la colpa sarà di chi ha deciso di abbandonare il tavolo prima ancora che venissero distribuite la carte. Quando si prende il 25% dei voti, bisogna giocare, magari bluffando, ma sicuramente non accontentarsi di passare la mano.

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