Il tramonto sul Regno

Tanti hanno avuto la tragica colpa di non capire la missione di Reggi, di non capire che lui ha sempre ragione.

I tramonti sono sempre tristi, carichi di luce fioca e per nulla caratterizzati da quel fascino che in molti si ostinano a riconoscergli. I tramonti, specie quelli degli enfant prodige, poi, sono ancora più struggenti, più frustranti se il pensiero corre a quell’alba radiosa e promettente che salutò la loro prima apparizione.
Ricordo l’aria umile di Roberto Reggi, da bravo ragazzo di parrocchia, che sfoderava ogni volta che incontrava un gruppo di cittadini, quell’aria riflessiva ma sbarazzina che sapeva commuovere la vecchietta, entusiasmare il giovanotto e confondere il professionista. Ricordo quel giorno in cui Roberto Reggi salì trionfante lo scalone di palazzo Mercanti, la folla festosa di simpatizzanti, il suo primo discorso, la sua simpatia promessa, sui manifesti 6×3, in campagna elettorale. Ma oggi, a conferma della malinconica essenza che permea i tramonti, la realtà che accompagna Reggi è ben altra.
L’altra sera, in consiglio comunale, il sindaco ragazzino ha posto fine ad ogni, seppur esile, illusione di essere diverso da come ormai in tanti lo descrivono: vittima del culto della sua personalità, vittima delle sue continue ed imbarazzanti autocelebrazioni, vittima del suo isterico decisionismo. Ormai schiacciato da un ruolo che non è mai riuscito a comprendere davvero, un ruolo con il quale ha semplicemente giocato per via della sua indole da primo della classe, oggi Roberto Reggi ha scoperto che esistono anche altre persone e, quindi, altri modi di vedere e di vivere. Ha scoperto, suo malgrado, che non tutto quello che un sindaco ha in testa, nel cuore o nelle tasche, può farlo.
Non è vero che il sindaco è il Re della città.
No, Roberto, questo lo hai sempre creduto tu perché sei sempre stato circondato, fin dal tuo primo giorno di amministrazione, da esili yesman che te lo hanno fatto credere e da incantatori di serpenti che, con un po’ di inchiostro e tanta fantasia, hanno spesso ritratto una città che non esiste. Ed un sindaco che non è tale.
Ora, però, il risveglio è durissimo: ti hanno accusato persino di speculare. Poveri ingenui”¦ Nemmeno sanno che tu ci credi davvero e, come tutti coloro che non hanno dubbi, saresti capace di tutto per affermare la tua unica, valida e suprema verità. Altro che speculazioni, altro che foglia di fico. Tu hai sempre creduto in quello che facevi in modo esclusivo, senza inutili perdite di tempo dovute al confronto e alla partecipazione.
Tu sei Tu, gli altri non sono nulla.
E in questi anni lo hanno capito bene, a loro spese, tanti poveri illusi che hanno cercato di farti cambiare idea: gli ambulanti di piazza Duomo (ai quali insegnavi la buona novella brandendo una stampella), i commercianti del centro, i vigili urbani, gli abitanti delle frazioni, gli automobilisti e tanti semplici cittadini. Ma sotto il tuo rullo sono passati anche ex amici: Stefano Pareti, Marco Gelmini, Pietro Tansini, solo per citarne alcuni di giunta.
Ma ora, contro il tuo regno fatto di sì incondizionati ed autoreferenziali, si sono scagliati pure D’Amo (Ds), Miglioli (Piacentini Uniti – già Piacentini con Reggi, che ironica sorte) ed Emanuele Pasquali (Verdi).
Anche loro, come tanti, hanno avuto la tragica colpa di non capire la tua missione, di non capire che tu hai sempre ragione.
Ma, ormai, si è fatto tardi: il sole scende sulla tua città, o Sire.

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