Nicola Negri

Calcio. Serie A. Il Napoli è l’unica anti-Juventus credibile

La squadra partenopea ha due garanzie: Walter Mazzarri ed Edinson Cavani

Con, in rigoroso ordine di classifica, una Sampdoria troppo bella per essere vera; un Inter che in trasferta ha un andamento da scudetto, peccato che in casa sia da retrocessione; una Lazio che esce bruscamente ridimensionata dal primo scontro diretto; una Roma che non riesce a fare quei punti “facili” che alla fine del campionato pesano; una Fiorentina bella ma alla quale manca un (bel) pò di concretezza per essere da vertice; un Milan che è già chiaro come non lo sia; un Udinese che sembra costretta ad un anno di transizione; l’unica, credibile, alternativa alla Juventus Campione d’Italia si chiama Napoli.
Significativo in questo senso notare come il divario tra la coppia di testa di quest’anno (Juventus e Napoli) sia già di due punti superiore rispetto a quella dell’anno scorso (Juventus e Udinese) sugli inseguitori (quest’anno la sola Sampdoria, lo scorso campionato il trio Napoli-Palermo-Cagliari).
Perché il Napoli? In queste prime cinque giornate ha fatto quasi bottino pieno pur avendo un calendario più ostico rispetto a quello bianconero, schiantando la tanto decantata Lazio nel primo, vero, scontro diretto della stagione; non deve affrontare l’impegno della Champions, tanto prestigioso quanto gravoso a livello fisico e mentale (vedi la stessa esperienza partenopea della passata stagione); l’impianto di gioco è solido e rodato, con ricambi che sembrano finalmente all’altezza dei titolari (vedi lo sfavillante Edu Vargas di Coppa); ma soprattutto ha due garanzie, una in panchina, l’antipatico ma vincente Mazzarri, e il calciatore probabilmente più forte di tutta la Serie A, quello che si può veramente definire un top-player e risponde al nome di Edinson Cavani.

Calcio. Serie A. Milan e Inter in crisi. La colpa è in primis dei dirigenti

Berlusconi e Galliani da una parte, Moratti e Branca dall’altra sul banco degli imputati

Quattro giornate appena e già si è aperta la crisi delle due milanesi, con il Milan a nove e l’Inter a sei punti dalla capolista Juventus. La domanda più gettonata in questi casi è a chi sia da ascrivere la colpa: in rigoroso ordine alfabetico all’allenatore, ai calciatori o ai dirigenti della società? Lasciando da parte i lapalissiani, pur se corretti, concetti “sono i giocatori a scendere in campo” e “non è mai colpa di una sola delle tre componenti”, in questo caso, a mio parere, la responsabilità è principalmente dei dirigenti delle due squadre.
Per quanto riguarda il Milan, Galliani e Braida si sono trovati costretti a fare le nozze coi fichi secchi a causa di un Berlusconi che non apre più i cordoni della borsa nemmeno per sbaglio. Ci hanno però anche messo del loro, caricando Allegri di eccessive responsabilità per la squadra che si ritrova ad avere in mano e tenendo un atteggiamento come minimo ondivago nella gestione dello strano caso Allegri-Inzaghi, di cui ha finito per risentire la squadra stessa.
L’Inter? Moratti ha confermato l’acerbo e montato Stramaccioni sull’onda emotiva di un derby vinto con un Milan allo stremo delle forze, oltre ad aver compiuto con Branca scelte di mercato come minimo discutibili: troppi giocatori sopravvalutati (Jonathan, Pereira, Silvestre) o presi (Cassano) togliendo spazi a chi potrebbe ritagliarsene di importanti (Coutinho, Palacio).
Possibili rimedi? Scelte ponderate ma nette da parte dei vertici, un occhio al mercato di gennaio e uno, non è mai troppo presto, a quello di giugno.

Champions League. L’analisi gruppo per gruppo dopo la prima giornata

Il Milan avrà modo di riprendersi, la Juventus in lotta con il Chelsea per il primato del girone

Tra conferme e sorprese, si è completata la prima giornata di Champions League. Ecco per voi l’analisi gruppo per gruppo. GRUPPO A: il Paris St. Germain è la squadra nettamente più forte del girone; per il secondo posto lotta tra Dinamo Kiev e Porto, con quest’ultima favorita; la Dinamo Zagabria può al massimo aspirare a quel terzo posto valido per il ripescaggio in Europa League. GRUPPO B: Arsenal avanti; a sgomitare per la seconda piazza, in ordine, i tosti tedeschi dello Schalke 04, le incognite francesi del Montpellier e i tristi greci dell’Olympiacos.
GRUPPO C: a dispetto dei pronostici iniziali si preannuncia un girone equilibrato. Anche se, a mio modo di vedere, Milan e Zenit sapranno riprendersi, l’Anderlecht ma soprattutto il Malaga, come hanno dimostrato nella prima giornata, saranno pronte a sfruttare ogni minimo errore delle due favorite.
GRUPPO D: il classico girone di ferro. Il vaso di coccio sembra l’Ajax, il Real Madrid è a mio parere la favorita del torneo, per l’altro posto disponibile alta tensione quindi tra i campioni inglesi del City (Mancini non può permettersi di toppare in Coppa per il secondo anno consecutivo) e quelli tedeschi del Dortmund.
GRUPPO E: la Juventus ha dimostrato di avere le carte in regola per contendere il primato ai campioni in carica del Chelsea; Shakhtar Donetsk terza, pericolosa, incomoda. I carneadi norvegesi del Nordsjaelland senza speranze.
GRUPPO F: Bayern Monaco senza difficoltà. Valencia seconda plausibile forza, anche se il Bate Borisov, più del già deludente Lilla, si candida ad essere la sorpresa del girone.
GRUPPO G: il Barcellona farà più fatica del previsto ma un posto è già suo; per l’altro, bella sfida tra Benfica e Spartak Mosca. Il Celtic sembra ben poca cosa.
GRUPPO H: Ferguson non ripete (per due anni di fila lo stesso errore), il Manchester United passerà il turno. Dietro, mischione apertissimo: da quello che si è visto nella prima giornata, verrebbe da dire Cluj o Galatasaray, ma lo Sporting Braga ha i mezzi per uscire alla distanza.

Tennis. Coppa Davis. L’Italia resta nel gruppo Mondiale

Per capire qualcosa in più sul nostro futuro fondamentale sarà il sorteggio di mercoledì

La paura è passata, l’Italia del tennis maschile resta nella Serie A del tennis. Dopo la figuraccia di sabato in coppia con Daniele Bracciali, è stato Andreas Seppi, classifica alla mano il nostro miglior giocatore, a portare a casa il punto decisivo, battendo per 3 a 0 il modesto Capdeville. Il c.t. Corrado Barazzutti ha assegnato alla sua squadra un 7 e mezzo a mio parere troppo generoso: Fognini ha faticato troppo contro il Capdeville sopra citato, e la sconfitta in doppio rimarrà, pur fortunatamente senza conseguenze, a suo modo storica.
Dal mio punto di vista le ragioni per essere ottimisti, pensando poi a tutti gli anni passati tra Serie B e C, non mancano, pur legati ad una serie di “se”: Seppi e Fognini continuano nel loro processo di crescita; troviamo un doppio all’altezza; recuperiamo Potito Starace, che quando indossa la maglia azzurra si esalta.
Per iniziare a capire qualcosa in più sul nostro futuro fondamentale sarà comunque il sorteggio di mercoledì prossimo: da evitare assolutamente l’Argentina, che oltre ad avere ottimi giocatori sarebbe l’unica squadra che ci troveremmo a dover affrontare fuori casa, e la Spagna; Austria o Croazia i sogni “proibiti”.

Brasile 2014. Zona Europea. L’analisi gruppo per gruppo

Nonostante la partenza zoppicante, l’Italia resta in pole per la qualificazione diretta

Zona Europea di qualificazione ai Mondiali di Brasile 2014: la mia analisi gruppo per gruppo, partendo da quello che vede direttamente coinvolta la nostra Nazionale, il Gruppo B: nonostante la partenza zoppicante restiamo in pole per la qualificazione diretta. Alla distanza credo più alla Danimarca che alla Repubblica Ceca, occhio alla Bulgaria, l’Armenia è ancora un’incognita. Gruppo A: per il primato derby balcanico tra la rinnovata Serbia e l’imprevedibile Croazia. Belgio pronto a fare da terzo incomodo, credo poco alla Scozia.
Gruppo C: Germania super-favorita, da seguire la lotta per il secondo posto tra Svezia (a mio parere davanti) e l’Irlanda del vecchio Trap.
Gruppo D: la nuova Olanda di Van Gaal prenota la prima piazza, Turchia non all’altezza ma storicamente ostica da affrontare, la sorpresa potrebbe essere la Romania.
Gruppo E: Svizzera capofila di un girone mediocre in cui la Slovenia sembra già tagliata fuori, per la seconda posizione la Norvegia dovrà fare attenzione ad un Cipro in crescita.
Gruppo F: la Russia di Capello contro il Portogallo di Cristiano Ronaldo: chi la spunterà? Secondo me, la prima, sul filo di lana. Le altre sono ben poca roba.
Gruppo G: Grecia leggermente favorita su una Bosnia che ormai rappresenta una realtà del calcio europeo. Slovacchia che riuscirà a godere tra i due litiganti? Dal mio punto di vista, no.
Gruppo H: l’Inghilterra rischia assai, stretta tra un Montenegro che cresce sempre più, una Polonia affamata e un’Ucraina giovane e potenzialmente bella.
Gruppo I: scontro tra i titani Francia e Spagna. I campioni più volte di tutto ovviamente favoriti, con l’unico rischio derivante da quello che sarebbe un umano appagamento.
Nota critica finale: com’è possibile che il continente che ha portato nelle ultime due edizioni mondiali 7 semifinaliste su 8 (nel 2006 Italia, Francia, Germania e Portogallo; nel 2010 Spagna, Olanda e Germania, con la sola “intrusione” rappresentata dalla sudamericana Uruguay), sia costretta ad essere rappresentata solamente da 13 sue formazioni sulle 32 totali? Mistero, non tanto gaudioso, che porta un nome paradossalmente europeo, svizzero per la precisione: quello dell’intramontabile Joseph Blatter.

Vittorio Colò. Ritratto dell’atleta centenario morto suicida

L’uomo che non accettava di non essere più in grado di fare ciò che più amava: lo sport

Cominciò praticando pentathlon negli anni del Liceo; smise perché non si accontentava di arrivare quinto o sesto a livello nazionale. Da Riva del Garda si trasferì quindi a Milano, dove si laureò in chimica e trovò lavoro. Certe passioni puoi anche sopirle, ma mai metterle totalmente a tacere: dopo il pensionamento tornò a gareggiare, con l’associazione Atletica Riccardi. Da allora non si perse un “Master”, campionato mondiale diviso per fasce d’età.
Iniziò vincendo i 100 metri nella categoria over 65, continuò stabilendo record prima nazionali e poi mondiali. In Sudafrica, ad 86 anni, vinse sette medaglie d’oro, diventando conosciuto in tutto il mondo. Tre anni più tardi, l’ultimo record: i 100 metri in 16 secondi e mezzo. A 93 anni era ancora in grado di saltare 3 metri, misura che alcuni adolescenti non hanno mai raggiunto. Iniziò lentamente a morire sette anni fa, quando fu costretto a ritirarsi dall’attività agonistica a causa di un aneurisma all’arteria femorale. Vittorio Colò ha finito di farlo due giorni fa, sparandosi un colpo in testa perché, a 100 anni e 10 mesi, non accettava di non essere più in grado di fare ciò che maggiormente amava: lo sport.

Paralimpiadi. Alex Zanardi. Le tre lezioni del campione bolognese

Il significato dietro ai due ori nella handbike dell’ex pilota di F1

Un fenomeno. Di forza e di volontà. Se quando era un pilota pestava “sull’acceleratore ed era il motore a fare fatica, qui il motore” è lui, Alex Zanardi. Quando ormai undici anni fa fece quel terribile incidente, pensai che forse per il pilota bolognese sarebbe stato meglio morire sul colpo, piuttosto di dover sopportare sofferenze atroci, e poi trascorrere il resto della sua vita senza gambe. Senza gambe. Zanardi scelse invece di aggrapparsi alla vita, dandomi così la prima lezione.
Quando a cinque anni dal Lausitz riprese ufficialmente a correre, pensai: è matto. E mi diede la seconda lezione. Quando due anni fa annunciò che si sarebbe preparato per partecipare alla Paralimpiade di Londra su handbike, ero come minimo scettico. Tra mercoledì e ieri, Alex mi ha dato la terza e per ora ultima, vincendo due ori sconfiggendo i mostri sacri della specialità. Grazie Alex, per le tue lezioni e per essere diventato un esempio anche per tutti noi “normali”.

Alessandro Del Piero in Australia. Lettera aperta di un tifoso juventino

Nel giorno dell’annuncio ufficiale, un amico ripercorre la sua vita attraverso la carriera del fuoriclasse veneto

Le 11 del 5 settembre 2012. L’ora del definitivo distacco di milioni di tifosi juventini da quello che è stato per diciannove anni il loro trascinatore e la loro bandiera, Alessandro Del Piero. Per il 37enne fuoriclasse è pronto un contratto biennale da calciatore e allo stesso tempo ambasciatore del calcio australiano nel mondo. Un amico juventino mi ha chiesto per l’occasione di pubblicare una lettera aperta al suo “Capitano”; lettera che vuol essere personale ma allo stesso tempo rappresentativa di tutti quei tifosi che hanno trovato punti d’incontro tra la loro vita e quello che per loro è stato più di un calciatore.
Oh Capitano mio Capitano,
era una domenica pomeriggio del ’94, avevo sette anni e, tra un aerosol e una mela, grazie al tuo gol al volo contro la Fiorentina, abbandonai definitivamente la fede rossonera per abbracciare la tua, quella Juventina. Ho imparato poi ad accostare la Champions ad un arco (come quello di Robin Hood, il mio primo eroe), che partiva dal tuo piede destro e finiva in quello che grazie a te imparai a conoscere come “Il Sette”. I tuoi anni più vincenti corrisposero ai miei più spensierati; i tuoi anni più duri, quelli dell’infortunio e di Godot che non torna, ai miei più difficili, quelli delle Medie. Fu in quel periodo che la Nogni, sempre un passo avanti, si innamorò di te prima ancora di re-innamorarsi della sua Juve; mentre io, dopo averti malsopportato a lungo, finii quasi per odiarti la sera di quel maledetto 2 luglio del 2000. Poi tornasti, trasformato ma tornasti, nel giorno da allora non più famoso solo per la morte di Napoleone, sul campo in cui te ne eri andato quasi quattro anni prima. Nel frattempo anch’io mi stavo trasformando, o meglio crescendo. C’ero quando rovesciasti sulla testa di Trezeguet il nostro 28esimo scudetto, anch’io ero rovesciato, per la prima volta quello che credevo fosse amore mi stava facendo soffrire più che mai. Abbiamo vissuto insieme prima la gioia di essere diplomati (Campioni del Mondo); poi i dubbi, le curiosità e le difficoltà dei nostri nuovi mondi, il mio primo anno di Università e la tua Serie B. Incontrando quello che speravo (e un pò ci spero ancora) fosse veramente Amore, pensavo che le nostre strade si fossero definitivamente separate: io al Settimo Cielo, tu a cercare di tenere su le Juventus più tristi; mi sbagliavo. Quest’anno siamo tornati ad essere una cosa sola, a soffrire insieme, mentre io continuavo a perdere e la nostra Juve non ci riusciva mai. C’ero anche Domenica 13 e, mentre singhiozzavo e i cori per te mi si strozzavano in gola uno dopo l’altro, avevo finalmente capito che tu sei stato per me la Costante che Penny era stata per Desmond, la mia Fermina ai tempi del colera, unico vero amore in mezzo a tante amanti. Domenica 13 il tuo pulman si è fermato davanti a me; mi hai guardato, e sono sicuro che dentro quel gesto c’era un saluto. Spero che anche il mio piccolo Luca possa un giorno scrivere del suo Capitano; per quanto ci riguarda, ci tocca diventare grandi, ancora una volta insieme.
Oh Capitano mio Capitano,
Grazie.

Il caso dell’estate. Salvate il soldato Schwazer

Diversi stati d’animo si intrecciano nello scandalo che fa discutere l’Italia sportiva e non solo

Scrivo o non scrivo? Scrivo. Lo faccio intenzionalmente solo ora, a bufera mediatica ormai passata e con gli occhi di tutti, miei compresi, rivolti all’inizio del campionato di serie A. Premessa: non sono uno a cui piace fare l’alternativo a tutti i costi; è che a volte, come in questo caso, mi sento in dovere di farlo. Intendiamoci: la delusione è stato il primo stato d’animo; è che poi, ad ascoltare un ragazzo sinceramente disperato, penso sia umano provare pietà nei suoi confronti.
C’è una linea sottile tra l’ironia e la cattiveria su ciò che rappresenta a livello d’immagine (la Kinder, ma non solo) e di appartenenza (gli altoatesini), una linea calpestata senza rispetto. E’ fuori discussione che non abbia sbagliato, di più, e che le incongruenze e le zone oscure restino da chiarire e rischiarare. E’ altrettanto fuori discussione che un nuovo caso Pantani sarebbe inaccettabile, e che poche volte nella storia dello sport si è assistito ad una confessione così incondizionata. E’ ancora più fuori discussione che se si fosse chiamato Alessandro Del Piero, Francesco Totti o Javier Zanetti, i tifosi juventini, romanisti o interisti, l’avrebbero difeso anche di fronte alle più schiaccianti prove della sua colpevolezza. Ma lui, perché è ovviamente di lui che sto parlando, si chiama Alex Schwazer, ogni quattro anni per tre ore e mezza circa era di tutti, e ora non è più di nessuno.

Londra 2012. Le Olimpiadi sono finite. Evviva le Olimpiadi!

Considerazioni personali sull’evento dell’anno

Come quattro anni fa, un senso di vuoto mi pervade. Scrivere sulle Olimpiadi appena concluse mi fa quasi male. Non solo grazie al fatto che, nonostante le delusioni (Pellegrini e Schwazer, pur su piani diametralmente opposti, ma non solo) e le ingiustizie (Busnari, Cagnotto, Ferrari e, last but not least, il gigante buono Cammarelle), l’Italia sportiva si è fatta rispettare e i Giochi rimangono la grande festa di chi ama lo sport, ma anche tutto quello che vi ruota attorno.
Un’occasione per confrontarsi, imparare, crescere; diciassette giornate d’ossigeno, in cui si stabilisce una magica tregua tra atleti americani e iraqeni, anche i siriani vengono applauditi, e lo spread lascia spazio al medagliere.
Mi sono un pò perso. Come avevo già scritto nell’articolo d’apertura, il motivo di questo vuoto è da ricercare anche nella riflessione che altri quattro anni sono passati, e chissà come sarà tra quattro, l’attesa per il piacere dell’evento che era essa stessa piacere, che non ricordavo così bello e quasi fisicamente doloroso, così uguale e così diverso rispetto a com’è stato e come sarà. Un evento insomma che si compenetra e confonde con la vita stessa.
Tornando sulla terra, e basandomi su un’esperienza che ho avuto la fortuna di vivere in prima persona, ho trovato una città più aperta, più solare (in tutti i sensi), bella come non mai. La sensazione di essere al centro del mondo, che si prova già normalmente visitando Londra, è stata acuita dai Giochi.
Tre luoghi per tre momenti che mi rimarranno nel cuore: Casa Italia, con l’oro del nostro Forrest Gump della canoa, Daniele Molmenti; l’ExCel, che sulle note di “Chariots of Fire” accoglie le nostre imbattibili fiorettiste; lo Stadio Olimpico e il suo impressionante “roar” quando gareggiava uno qualunque degli atleti di casa.
Nel fiume di tutte le altre emozioni olimpiche, come dimenticare l’ancora sfortunatissimo Liu Xiang, che zoppicando corre a baciare l’ultimo ostacolo mai raggiunto, l’oro tutto cuore di Carlo Molfetta, e il piacentino d’adozione Marco Aurelio Fontana che, novello Dorando Pietri, arriva sul podio dopo un chilometro di saliscendi corso senza sellino?
Grazie.