Nicola Negri

Sci Alpino. Mondiali di Schladming. L’opinione del commentatore RAI Paolo De Chiesa

Ho rivolto qualche domanda all’apprezzato e competente volto tv ed ex slalomista azzurro

Slalomista che ha retto le sorti della specialità dello sci alpino italiano nel periodo di transizione che seguì al tramonto della “Valanga azzurra” e alla tragedia di Leonardo David, ha esordito in Coppa del Mondo nello slalom gigante di Val-d’Isère del 5 dicembre 1974, ritirandosi dopo lo slalom speciale di Heavenly Valley dell’11 marzo 1986. Nonostante una carriera brillante, arricchita da 12 podi e oltre 50 piazzamenti nei primi 10, non ha mai ottenuto vittorie, soprattutto a causa dell’indiscusso valore dei campioni (Girardelli, Stenmark, Zurbriggen, solo per citare i più importanti) con i quali dovette confrontarsi.
Stiamo parlando di Paolo De Chiesa, che dopo il ritiro dalle competizioni si è dedicato al giornalismo, prima a Telemontecarlo e poi come collaboratore di varie riviste specializzate. Dal 1993 è l’apprezzato, equilibrato e competente "commentatore tecnico" della Rai, per la quale si occupa delle telecronache delle gare di sci alpino al fianco di Davide Labate.
Paolo è molto attento anche ai nuovi social, in primis Facebook, dove con grande pazienza e disponibilità risponde a tutti coloro che gli chiedono un consiglio o un’opinione.
Io ho colto l’opportunità, chiedendo a De Chiesa un parere sui recenti Mondiali di Schladming: "Secondo me fantastici, molto bene organizzati"; su altre competizioni iridate all’altezza di quella di quest’anno: "Sicuramente Sierra Nevada (Spagna) 1996, Sestrière (Italia) 1997 e St. Anton am Arlberg (Austria) 2001"; e su quelle non all’altezza: "La prima che mi viene in mente è Morioka (Giappone) 1993, a causa delle infami condizioni metereologiche". Con un auspicio finale: "Speriamo che il nuovo Presidente del CONI sia appassionato di sport invernali".

Coni. Giovanni Malagò è a sorpresa il nuovo Presidente

E’ il successore di Petrucci, di cui ha sconfitto il delfino Pagnozzi dopo un’elezione thrilling

Sorpresa. Tutti si aspettavano Raffaele Pagnozzi, invece il nuovo Presidente del Coni è Giovanni Malagò. Il primo, segretario generale e delfino del capo uscente Gianni Petrucci, si sentiva forte di almeno 44 voti (sui 38 necessari per l’elezione), ma si è fermato a 35; il secondo sembrava bluffare dichiarando di averne tra i 38 e i 40, ed invece aveva ragione, accaparrandosene appunto 40. E’ stata quindi un’elezione thrilling, che ha spaccato i “grandi elettori” del massimo ente dello sport in Italia. Gli stessi discorsi dei due candidati, accolto con un applauso fragoroso quello di Pagnozzi, nervosetto quello del neo-Presidente, facevano pensare ad un’affermazione dell’ex segretario.
53enne romano, Presidente del Circolo Canottieri Aniene e del Comitato del Mondiale di nuoto Roma 2009, Malagò subito dopo la vittoria è scoppiato in lacrime ed è corso ad abbracciare le figlie Ludovica e Vittoria, che hanno parlato del padre come di un “perfezionista”.
Queste le immediate dichiarazioni del successore di Petrucci: “Sono partito da zero, ho giocato questa partita in modo chirurgico, voto dopo voto, e sono sempre stato conscio della mia forza elettorale. Una cosa so fare: conoscere la gente, per me i rapporti personali sono tutto nella vita. Quando guardi negli occhi le persone, stringi loro la mano e ti impegni in un programma, mostrando lealtà e credibilità, puoi credere di poter vincere. E io ne ero consapevole da qualche settimana, anzi potevo avere qualche voto in più”.
Malagò ha parlato della possibilità di una candidatura olimpica di Roma per il 2024, della necessità di una riforma della giustizia sportiva e di una nuova legge sugli stadi.
Il neo-Presidente dovrà ora dimostrare di potere e allo stesso tempo sapere tradurre sul campo le tante buone intenzioni di cambiamento e innovazione da lui dichiarate e impersonate. Fanno ben sperare i tanti medagliati olimpici usciti dal suo circolo, e perché no, quello scatto per raggiungere le figlie. Uno scatto che denota un trascorso da atleta, e quindi, si spera, ancora più conscio dall’interno delle sfide e delle problematiche del mondo che da oggi si trova a governare.

Olimpiadi. La proposta choc dell’Esecutivo del CIO. Dal 2020 niente più lotta ai Giochi

La decisione dovrà essere ratifica dall’assemblea del Comitato in programma a settembre

Tutto faceva presupporre che sarebbe stato il pentathlon moderno. La grande esclusa è invece la FILA, la federazione che sotto la sua egida riunisce i vari stili di lotta, tra cui la storica greco-romana. L”assassino’ è l’Esecutivo del CIO, che ha deciso di proporre l’estromissione, tra le altre, della disciplina da combattimento più antica del mondo, alla Sessione plenaria del Comitato Olimpico Internazionale, a partire dal programma delle Olimpiadi del 2020.
Gli sport di lotta vedono ora la loro sopravvivenza stessa in pericolo, perché se a settembre in quel di Buenos Aires i membri del CIO, accettassero la raccomandazione dell’Esecutivo, come sembra probabile, la FILA tra sette anni si troverebbe senza quei fondi ‘olimpici’ che le vengono elargiti dal Comitato dopo ogni edizione dei Giochi.
Le federazioni che vogliono entrare o rientrare nel programma olimpico sono tante: arrampicata, baseball e softball, karate, pattinaggio a rotelle, squash, wakeboarding (sci nautico più snowboarding).
La FILA sarà a sua volta inserita nella lista. E’ triste notare come il principale sport dei Giochi Olimpici antichi, ed il suo eventuale sostituto, sia inserito nella pericolosa logica delle scadenze elettorali del CIO, con potenti lobbies che non si fanno scrupoli per sacrificare ciò che resta dello spirito olimpico sull’altare della politica sportiva. E questo è a dir poco triste.

Calcio. Amichevoli internazionali. Argentina prima alternativa alla Spagna

Bene anche Germania, Inghilterra e Olanda. Deludono Brasile, Francia e gli azzurri

E’ stato un mercoledì di amichevoli di grande prestigio. Senza dimenticare la Coppa d’Africa, che ha espresso le sue finaliste: una attesa, la Nigeria della piccante promessa della settimana di sesso gratis in caso di vittoria finale, che ha avuto ragione del volenteroso Mali; e una molto meno, l’espressione di uno degli stati più poveri del mondo, il Burkina Faso, che ha fatto fuori la “Germania africana”, il ben più ricco e quotato Ghana.
Potendo scegliere, sul fronte euro-americano c’era solo l’imbarazzo della scelta. Analizziamone i match principali.
Francia-Germania 1-2: celebrativa dei 50 anni di amicizia tra i due Stati un tempo nemici, la partita ne ha rispecchiato l’andamento storico: da una Francia inizialmente dominante (Valbuena e Ribery novelli De Gaulle) ad una Germania che vince in rimonta (Muller e Khedira a simboleggiare rispettivamente il tedesco ‘del sasso’ e l’ormai riconosciuta multietnicità della nazionale teutonica).
Inghilterra-Brasile 2-1: la quarta vittoria (l’ultima datata 1990!) degli inventori del calcio su chi del pallone ha costituito per tanti anni la massima espressione, può dare una fondamentale iniezione di autostima ai bianchi in prospettiva 2014. Simbolo dell’incontro, il dominio del centrocampo inglese (Wilshere su tutti) sulla fumosità verdeoro (vedi Neymar). Felipao avrà tanto da lavorare per eviatre una seconda tragedia nazionale dopo quella del 1950.
Spagna-Uruguay 3-1: il nuovo Brasile veste la maglia rossa. La furia agonistica degli uomini di Tabarez dura il tempo (uno) di lasciare spazio ai più volte campioni di tutto. Chi fermerà la musica di Del Bosque? Dopo tante generazioni ‘perdenti’, in terra iberica se ne sta sviluppando una semplicemente invincibile.
Svezia-Argentina 2-3: la sfida tra fenomeni (Ibra vs. Messi) si è trasformata in qualcosa di più, un gran match che ha visto emergere quella che al momento sembra essere la più credibile alternativa a Casillas & co., un’albiceleste che è più del suo fenomeno, con punte ieri sera nei madridisti Di Maria e Higuain. Abbiamo citato tre quasi epurati dallo Special (?) One.
Olanda-Italia 1-1: dulcis in fundo gli azzurri, che immeritatamente strappano il pareggio su un campo che ci dice storicamente bene, interrompendo una preoccupante striscia negativa quando in gioco non ci sono i tre punti. Tra Balotelli ed El Shaarawy spunta Verratti. Ben più impressionanti gli oranje dei giovani ma già pronti Indi, Maher e Strootman.

Tennis. Australian Open. Meritata vittoria del re del circuito Novak Djokovic

Andy Murray gli ha dato battaglia per due set e mezzo. Ma il pubblico sogna ancora Federer-Nadal

Novak Djokovic si è così aggiudicato il primo Slam della stagione, gli Australian Open, infrangendo il sogno di Andy Murray di essere il primo tennista della storia a fare il bis dopo aver debuttato nell’albo d’oro dei vincitori di uno dei quattro tornei più importanti del circuito. La svolta con il primo break della partita, quello operato da ‘Nole’ nel settimo gioco del terzo set. Il numero 1 si conferma così tale anche alla prima vera prova del campo, oltre che incontrastato re di Melbourne da tre anni consecutivi, primo a riuscirci nell’era Open.
Si va quindi sempre più verso una rivalità tra il serbo e lo scozzese, a causa della mancanza di alternative alla loro altezza, ma soprattutto dell’incalzare degli anni del terzo, Roger Federer, e del logorio fisico del quarto, Rafael Nadal, dei cosiddetti “Fab Four”. Come a mio parere scrive però giustamente Paolo Bertolucci sulla “Gazzetta” di oggi, il pubblico, per una serie di motivi, continua a preferire le sfide tra lo svizzero e lo spagnolo che chissà, se e quando si verificheranno, per le ragioni sopra esposte, saranno paragonabili a quelle leggendarie di un passato neanche troppo remoto.
Murray è irrimediabilmente antipatico e lamentoso (ovviamente solo quando perde); il fatto di essere così tanto britannico, poi, non lo aiuta granché. Djokovic è un personaggio nato, un istrione non così facilmente accettato dai colleghi, a cui comunque manca solo il Roland Garros per entrare nella leggenda.

Calcio ed etica. Il dirigente UEFA Giorgio Marchetti a Roveleto di Cadeo

Nell’ambito delle ”Conversazioni” con personaggi pubblici di interesse organizzate dal Comune

Il Comune di Roveleto di Cadeo ha organizzato una serie di “Conversazioni” con personaggi pubblici di sicuro interesse. Domenica scorsa l’ospite era Giorgio Marchetti, direttore delle competizioni UEFA, che è stato possibile portare nel paese piacentino grazie all’amicizia che lo lega a don Umberto Ciullo, il sacerdote della parrocchia. Don Umberto è stato il moderatore dell’incontro dal titolo “Non è solo un gioco. Vizi e virtù del calcio oggi”, a cui avrebbe dovuto partecipare anche Massimo Achini, Presidente nazionale del CSI, bloccato da un improvviso problema familiare.
Marchetti ha confessato di ritenersi “molto fortunato di essere riuscito ad entrare in un mondo che per molti giovani e non solo rappresenta un sogno. Vi sono arrivato per caso, iniziando come portaborse della Nazionale italiana che vinse il Mondiale in Spagna nel 1982”.
Per il dirigente milanese, “è stata la vendita a livello mondiale delle immagini del calcio a creare uno sbilanciamento. E’ questo che spesso rende le competizioni poco interessanti”.
Calcio che non è da santificare ma neanche da demonizzare, considerato che, “essendo un fenomeno sociale di grande portata, costituisce per forza di cose lo specchio della cultura in cui si colloca: in Italia, per esempio, il pallone tende a portare le stigmate di un Paese in cui sono presenti pericolosi fenomeni di degrado morale”.
Interessante il discorso di Marchetti quando parla del fatto che “a causa dei trasferimenti in tutto il mondo di calciatori delle più diverse nazionalità, ormai tra le varie scuole calcistiche non c’è più differenza. Oggi le Nazionali tendono a ricalcare la mentalità del loro allenatore, se non a proporre quello che passa il convento”.
Don Umberto stimola sul calcio femminile il dirigente, che raccoglie: “Il pallone in rosa ha un potenziale enorme. Nonostante le persistenti resistenze culturali, l’UEFA sta investendo moltissimo sul suo sviluppo. Le donne danno un senso di benessere a chi le osserva giocare, come è normale, e accade anche in altri sport, le loro azioni sono meno spettacolari ma più corrette”.
Marchetti ricorda le figure positive di Franco Bettinelli, dirigente sportivo e presidente nazionale del settore giovanile della FIGC dal 1963 al 1976, e di calciatori impegnati nel sociale come Samuel Eto’o e Didier Drogba. Si rivolge inoltre al numeroso pubblico, formato anche da dirigenti ed allenatori locali, con l’osservazione che “l’obiettivo primario degli allenatori dilettantistici deve essere quello di far divertire i ragazzi. A livello locale, oggi, il problema è quello dei genitori che vedono nel loro figlio un piccolo fenomeno. Il calcio e lo sport in generale devono continuare ad essere bacini di valori positivi. Allo stadio bisognerebbe tifare ‘pro’ e non ‘contro’, anche perché non è quest’ultima la strada corretta per supportare la propria squadra. Gli impianti non sono arene di gladiatori, e gli spalti non devono continuare ad essere un luogo in cui sfogare i propri istinti peggiori”.
Il dirigente UEFA riconosce che, se c’è una qualità unanimemente riconosciuta in Europa al calcio italiano, è quella di dare il meglio di sé nelle emergenze, e di saper ottenere, come dimostrato dai trionfi ai Mondiali del 1982 e del 2006, ciò che alla vigilia sembrava impossibile.
Giorgio Marchetti è la dimostrazione di come “un ex ragazzo dell’oratorio di una piccola parrocchia milanese”, umile e testimone di quanto un buon cattolico possa rimanere tale, anche dopo essere arrivato ai vertici dirigenziali del calcio europeo.

Tennis. Australian Open. Se il buongiorno si vede dal mattino

Per il tennis italiano è notte fonda. Al secondo turno solo 2 nostri rappresentanti su 11

Peggio di così era difficile iniziare. Se il buongiorno si vede dal mattino, il 2013 del tennis italiano si preannuncia sideralmente distante dall’ultimo triennio tanto ricco di soddisfazioni (più in rosa che in azzurro, per dirla tutta). Il bilancio del primo torneo importante dell’anno, gli Australian Open, dopo il primo turno recita infatti: 2 avanti, tutti gli altri (e le altre) 9 subito fuori. Pur se il giudizio globale è pesantemente negativo, proviamo a non fare di tutta l’erba un fascio e quindi dividere le prestazioni dei nostri(e) in tre fasce.
SI’: Molto solida la prestazione di Andreas Seppi, che si è sbarazzato in tre set dell’argentino Zeballos, numero 67 del mondo. Stesso discorso per Roberta Vinci, che ha avuto ragione in due della spagnola Soler Espinosa.
NI: Simone Bolelli ha mostrato qualche segnale di ripresa contro il polacco Janowicz, rivelazione di fine 2012; Paolo Lorenzi ha combattuto alla pari, riuscendo quasi a portare il match al quinto, contro il bombardiere sudafricano Anderson; Filippo Volandri è stato in partita per quasi due set contro un avversario all’apparenza proibitivo come il francese Simon. Francesca Schiavone è riuscita addirittura a strappare un parziale alla ceca Kvitova, numero 8 e vincitrice di Wimbledon 2011.
NO: Flavio Cipolla ci ha come al solito generosamente provato, ma 6 games in 3 set contro il tedesco Kamke sono un pò pochini; Fabio Fognini si butta via con un avversario assolutamente alla sua portata (forse era questo il problema), lo spagnolo Bautista Agut. Camila Giorgi continua ad essere la bella incompiuta del tennis italiano, perdendo male contro la francese Foretz, di classifica nettamente inferiore (74 contro 101); Karin Knapp cede ad un’altra qualificata, la portoghese Koehler; dulcis in fundo (?) la numero 7 del mondo e “quartifinalista” all’edizione dell’anno passato Sara Errani, battuta 6-4 6-4 dalla pericolosa, per carità, ma pur sempre mestierante, spagnola Suarez Navarro.

Calcio. Serie A. La caduta della Juventus torna a far sperare le inseguitrici

Il borsino delle squadre che occupano i gradini dal secondo al settimo in classifica

Alla ripresa della Serie A, la Juventus non ricomincia da dove aveva lasciato, facendosi rimontare in casa da una squadra di bassa classifica rimasta in inferiorità numerica alla mezz’ora di gioco, perdendo per la prima volta in assoluto in campionato con Antonio Conte in panchina, per la seconda in casa e per la terza nel girone d’andata. Le inseguitrici tornano quindi a sperare. Di seguito il borsino dei club che occupano i gradini dal secondo al settimo in classifica.
La Lazio sembra potersi accreditare come vera anti-Juve. La squadra è solida, le individualità di spicco, Petkovic ricorda Eriksson; Lampard sarebbe la ciliegina sulla torta. Unica, grande incognita: la panchina, più che corta.
Il Napoli senza i due punti di penalizzazione sarebbe appaiata alla Lazio. Sul finire dell’anno sembrava in difficoltà, ma gli azzurri hanno aperto il 2013 con il botto, e hanno un Cavani in più.
La Fiorentina esce ridimensionata nella sostanza ma non nella forma dalla sconfitta casalinga contro il Pescara. I viola non abiurano neanche davanti alle difficoltà alla loro ricerca di un gioco manovrato, ma non sembrano avere ancora la continuità necessaria per infastidire da vicino la capolista.
L’Inter conferma le difficoltà di fine 2012 perdendo nettamente contro l’Udinese di un infinito Di Natale. Non aiutano né gli infortuni né tantomeno i piagnistei di Stramaccioni. I nerazzurri sembrano aver lasciato allo “Juventus Stadium” la formula magica per il definitivo salto in alto.
La Roma esce ridimensionata dal brusco stop del San Paolo. Squadra con assoluta mancanza di continuità, se Zeman non proverà almeno a correggere la rotta, e visti i presupposti della sua carriera sembra difficile, i giallorossi potranno al massimo puntare ad un approdo nell’Europa minore.
Il Milan mette in cascina i tre punti, anche se dire che riprende di slancio sarebbe dire troppo. Positivo che la squadra trovi i gol di due attaccanti, Bojan e Pazzini, dopo l’addio di un altro attaccante, Pato. Gli uomini di Allegri, considerato l’handicap di punti iniziale, si trovano però costretti a ragionare partita dopo partita.

Sorteggi degli ottavi di Champions League. La mia analisi

Con annesse probabilità di passaggio del turno (anche se da qui a febbraio tanto può cambiare)

Un’analisi sui sorteggi degli ottavi di finale di Champions League, con annesse probabilità di passaggio del turno (tenendo conto che da qui a febbraio tanto può cambiare). Galatasaray-Schalke 04: sfida che si preannuncia di non eccelso livello tecnico. Turchi sempre insidiosi, soprattutto in casa, e con un attaccante, Yilmaz, di caratura internazionale; i tedeschi sono i meno forti tra le prime classificate, ma sono solidi e appena due stagioni fa seppero spingersi sino alle semifinali. Probabilità di passaggio del turno: Schalke 04 55%, Galatasaray 45%.
Celtic-JUVENTUS: incontro inedito e sulla carta squilibrato. Per gli scozzesi vale il discorso fatto con i turchi per le partite casalinghe: al “Celtic Park”, infatti, i biancoverdi hanno saputo battere il Barcellona. D’altro canto, però, era l’avversario che tutti avrebbero voluto avere: la schiacciassassi Juventus deve avere timore, oltre che di un probabile catenaccio, soprattutto allo “Juventus Stadium”, soprattutto di se stessa; ma non è questo l’avversario che può spaventare se si vuole andare sino in fondo. Probabilità: JUVENTUS 65%, Celtic 35%.
Arsenal-Bayern Monaco: match tra due grandi del calcio europeo. I londinesi sono in calo ormai costante, ma in Champions, soprattutto in una sfida dentro o fuori, sono sempre temibili. I bavaresi si sono rinforzati rispetto allo scorsa stagione, in cui sul filo di lana sfuggirono loro tutte le competizioni. L’enorme vantaggio accumulato in Bundesliga, poi, consentirà ai bavaresi di concentrare gran parte delle energie psico-fisiche per la Coppa. Probabilità: Bayern Monaco 60%, Arsenal 40%.
Shakhtar Donetsk-Borussia Dortmund: partita tra le due squadre-rivelazione, e tra le più spettacolari d’Europa. Gli ucraini cercano il definitivo salto di qualità, pur se probabilmente non aiutati dalla lunga sosta invernale; i tedeschi puntano ad arrivare in fondo, e hanno tutte le qualità per farlo. Probabilità: Borussia Dortmund 55%, Shakhtar Donetsk 45%.
MILAN-Barcellona: la sfida più ricca di fascino (parte 1): El-Shaarawy vs. Messi, ma non solo. Per i rossoneri, dopo l’avvio-shock e la lunga rincorsa che non sembra doversi più fermare, sarà fondamentale il mercato di gennaio. Dei catalani si sa tutto, ma non come reagiranno alla triste storia di mister Vilanova. Probabilità: Barcellona 60%, MILAN 40%.
Real Madrid-Manchester Utd: la sfida più ricca di fascino (parte 2): C. Ronaldo vs. Van Persie, ma non solo. Alle “merengues” e a Mourinho è rimasta solo la Champions: se se lo mettono in testa, lo possono fare. Nessuno vorrebbe mai incontrare i “Diavoli Rossi” di Sir Alex, che però mi sembrano meno competitivi rispetto ad altre edizioni. Probabilità: Real Madrid 55%, Manchester Utd 45%.
Valencia-Psg: incontro interessante (parte 1). Gli spagnoli si sono scatenati in Coppa dimenticandosi del campionato, e hanno già cambiato allenatore, ma l’impronta di gioco è ben chiara. I parigini dipendono nel bene e nel male, e non è una novità quando in squadra c’è lui, da Zlatan Ibrahimovic. Probabilità: Psg 55%, Valencia 45%.
Porto-Malaga: incontro interessante (parte 2). I biancoblu di Portogallo, a mio parere sottovalutati, sono paradossalmente migliorati con l’addio di Hulk, e il primo posto nel girone è sfuggito loro solo a causa di una papera di Helton; i biancoazzurri di Spagna, dopo aver giocato uno dei calci più interessanti e sorprendenti, sembrano in calo. Probabilità: Porto 55%, Malaga 45%.

Forza Abidal! L’estremo tentativo di Éric di tornare a dare calci ad un pallone

Il terzino del Barça non si è ancora arreso, nonostante l’operazione al fegato dello scorso aprile

Il 15 marzo 2011 gli viene diagnosticato un tumore al fegato; due giorni dopo, viene operato per la rimozione. Meno di due mesi dopo, il 3 maggio 2011, il “Camp Nou” lo accoglie con un’ovazione per il suo ritorno in campo nei minuti di recupero della semifinale di ritorno di Champions League; l’11 maggio è già, di nuovo, nell’undici titolare della squadra più forte del mondo. Il 28 maggio 2011, l’apoteosi: gioca dall’inizio e vince la finale di Champions; al momenti della premiazione, Carles Puyol gli cede la fascia da capitano per permettergli di alzare al cielo il trofeo appena conquistato. Per chi non lo sapesse, stiamo parlando del fortissimo e sfortunato terzino della Nazionale francese e del Barcellona, Éric Abidal.
Per l’ex giocatore di Monaco, Lilla e O.Lione sembrava l’inizio di una seconda vita, confermata dal 18 gennaio 2012, giorno del gol in trasferta al Real Madrid e del prolungamento del contratto sino al 2014.
Ad un anno esatto dalla precedente operazione, però, il sito internet della società catalana diffonde la notizia di un’altra operazione al fegato del calciatore di origine martinicane: questa volta, però, si tratta di trapianto. Il giorno dopo, l’epatologo di Abidal afferma che il suo paziente non potrà più dedicarsi all’attività da professionista, poiché l’operazione ridurrà drasticamente le sue difese immunitarie, costringendolo a sottoporsi a cure speciali per tutta la vita. L’intervento, effettuato in data 10 aprile, ha una durata di nove ore. Il 1º giugno Juan Carlos Garcia-Valdecasas, il medico che ha seguito il decorso del giocatore blaugrana, apre uno spiraglio per una ripresa dell’attività agonistica.
Nonostante non si alleni in gruppo con i compagni e nel suo contratto c’è una clausola che prevede la rescissione qualora non dovesse tornare a giocare entro il 31 dicembre, Abidal continua a lavorare per rientrare in campo e sfodera ottimismo. Premiato giovedì sera col “Prix Pyrenees” dalla Camera di commercio francese di Barcellona, ha infatti dichiarato: “Come dicono i medici, non è normale quello che ho vissuto, cerco di lottare per tornare a giocare: se potrò giocare, bene. Altrimenti non succederà nulla, starò con la mia famiglia”.
L’ormai 33enne guarda già, giustamente, al futuro, dicendo anche che gli piacerebbe allenare i giovani per aiutarli ad arrivare il più in alto possibile. Sognare di poter tornare a dare calci ad un pallone, però, non costa niente, e allora forza Éric, siamo tutti con te!