”Lei”, un film su un amore virtuale per colmare il vuoto interiore

Uno straordinario Joaquin Phoenix in una intensa storia d’amore

Il malessere e il vuoto che si sente alla fine di questo film delizioso, è il segno che lo straordinario Joaquin Phoenix e’ riuscito benissimo a trasmettere ciò che il suo personaggio aveva dentro.
La sua storia d’amore per Samantha, un sistema operativo che riempie le sue giornate, sembra finta all’inizio, ma entra nella carne per tutto il film. Alla fine, si sente un nodo allo stomaco, un’angoscia profonda, una malinconia nell’anima.
Come in quel buio, in cui si sentono solo i gemiti di un atto d’amore. Un amore virtuale, ma pieno di vita, di sensi, di sangue. Un’immagine in cui può succedere di tutto, ma lo sfondo è nero, quindi chiunque può immaginare e vivere quello che vuole; le voci e le urla penetrano dentro di noi, senza che l’occhio veda nulla. Solo nero. Un buio che penetra l’anima, come quelle grida di piacere che possono essere associate all’amore immaginato di ciascuno. Un amore carnale sebbene il corpo non sia presente, un atto in cui non c’è nulla se non nella mente di chi lo vede. Gli amori immaginati sono sempre i migliori, perchè corrispondono esattamente a ciò che ciascuno vorrebbe per sè.

Ed è quello che Theodor immagina per sè, un amore autentico, che dovrebbe placare il suo vuoto interiore.
Gli manca quel corpo, perchè la sua donna in realtà è un computer, ma tenta in tutti i modi di farselo bastare, perchè comunque lei c’è. Come voce, quella che è dentro di lui giorno e notte.
Nelle sue orecchie, rimbombante nel suo cuore.

Ma non può esistere nel mondo attuale. Samantha lo lascia come accade tutti i giorni tra esseri umani. E la sua solitudine è esattamente la nostra, alla fine del film.
Perchè è parte di noi. E’ la nostra coscienza.

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