Perché gli inglesi hanno il té delle cinque e noi no?

Playlist: ”Una fetta di limone nel tè” di Giorgio Gaber ed Enzo Jannacci

Sarà forse per quella smania di primeggiare che li ha portati nelle Colonie ad approvvigionarsi di foglie di camelia sinensis, mentre noi ci siamo limitati all’Etiopia e all’Eritrea? O sarà piuttosto per quel loro essere sempre compassati, eleganti e low profile che li costringe a pause di riflessione e riequilibrio più lunghe del minuto dedicato alla tazzulella ‘e cafè? “Quando bevi il tè stai bevendo nuvole” bofonchia un Thich Nhat Hanh prima maniera, ma noi stiamo qui nel Paese do sole o nella Pianura della Nebbia stile acqua nel Pernod, non nel Belgio di Magritte. Tra l’altro la fetta di limone nel tè è orrenda oltre che un vero insulto per il tea time. Il tè non va modificato, né acidificato o edulcorato in alcun modo. Ci piace perché è erbaceo e dolceamaro come le nostre giornate che si aggrappano alla lingua e rimangono lì, a ricordarci quanto siamo banali e prevedibili. La realtà però è che noi alle 5 non abbiamo tempo per un tè, stiamo ancora digerendo le melanzane alla parmigiana del pranzo o siamo già proiettati al Camparino dell’aperitivo.
L’Italia è nostalgia e prospettiva, ricordo e lungimiranza, non hic et nunc alla latina. Possediamo lo slancio e lo scatto finale, non il passo cadenzato del tragitto. Siamo bambini e anziani che hanno saltato a piè pari l’età adulta. Innocenza, fantasia e saggezza senza maturità intermedia. Faremmo davvero a cambio con gli inglesi? Nemmeno per un attimo. Siamo però anche quelli del NONFACCIAMOCIMANCARENIENTE e da domani ci imporremo anche la pausa del tè. Non la cerimonia giapponese, quella la lasciamo volentieri ai più riflessivi, ma un momento per fermarci a respirare, prendere tempo senza chiederci chi siamo e dove stiamo andando (in questo Renzi ci corre in aiuto!). Un quarto d’ora per noi a raccogliere le idee e a riscoprirci migliori di quanto ci crediamo. “Una fetta di limone, una fetta di limone… nel tè!”.

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