Il pasticcio del riordino delle province calato nella realtà piacentina

Piacenza corre il rischio di vedersi sottrarre tutti i centri di controllo dalla vicina Parma.

Con lo strumento (poco democratico) del decreto legge, Il governo ha stabilito il riordino e la riduzione delle province italiane.
Secondo il ministro Patroni Griffi: “la riforma si ispira ai modelli di governo europei: in tutti i principali Paesi dell’Unione Europea, infatti, vi sono tre livelli di governo”. La riforma inoltre garantirebbe una riduzione delle spese, di cui però nessuno riesce a quantificare l’entità.

La prima osservazione, da fare è che questo risparmio, non sarà tanto dovuto alla riduzione dei costi della politica (es: lo stipendio degli assessori), bensi alla riduzione degli uffici territoriali. Tradotto in parole più povere la riduzione delle spese (se mai ci sarà, poichè anche la riorganizzazione e l’inefficienza di strutture più grandi avranno dei costi) sarà costituito da una riduzione dei servizi per i cittadini.

Nella nostra realtà, ad esempio, spariranno: la prefettura, gli uffici dell’Inps, l’agenzia delle entrate, la motorizzazione civile, il comando provinciale dei vigili del fuoco, il provveditorato agli studi e molti altri uffici. Tutti verranno trasferiti a Parma. La questura sarà trasformata in un semplice commissariato, che magari di notte chiude, insomma è facile prevedere disagi. Anche nel caso si mantenessero degli uffici periferici (il che significherebbe rinunciare, di fatto, al risparmio) il degrado dei servizi sarebbe inevitabile.
Conseguenza immediata sarebbe il danno all’indotto, Piacenza diventerà una città che offre meno opportunità di lavoro, sarà una realtà meno appetibile per l’investimento delle aziende e per gli abitanti.
Diversa, ad esempio, è la situazione di Modena e Reggio Emilia, di dimensioni simili, che potrebbero dividersi i centri di potere, limitando i disagi.

Per Piacenza l’unica speranza per conservare la dignità di città (e forse di capoluogo) sarebbe il passaggio in Lombardia. Questo permetterebbe non solo di essere la città più popolosa di una vasta zona della “bassa padana” (e quindi di farsi valere con più facilità), ma anche di favorire i rapporti con Milano, con sviluppi positivi per l’economia, vista l’ovvia considerazione che conviene essere nell’influenza di una capitale, piuttosto che di una cittadina. Un esempio su tutti riguarda le università piacentine, entrambe distaccamenti delle realtà milanesi.
Questa strada comunque è ardua da percorrere per vari motivi: difficoltà burocratiche, la storica inerzia dei piacentini, che non sono stati in grado di raggiungere il quorum nemmeno per il referendum sul parco della Pertite, l’incapacità dei politici locali, che si divideranno e scoontreranno, probabilmente mossi più da interessi elettorali (e personali) che dal bene della città.

La seconda osservazione da fare al decreto, riguarda il paragone con gli altri stati europei. Non è chiaro a quali altri stati europei il ministro facesse riferimento ma in Francia i livelli governativi sono quattro (stato, regione, dipartimento e comune). Cosi avviene anche in Germania (stato, länder, landkreis e comune) e nel Regno Unito (stato, regione, contea e comune). Volendo fare polemica quindi si potrebbe chiedere al ministro come mai è cosi necessario allinearci all’Europa sugli organi amministrativi, mentre non lo è per il numero e gli stipendi parlamentari (come noto molto più basso negli altri stati).

Questa riforma, cosi come è stata fatta, si presenta fortemente iniqua. Crea tensioni sociali (è sotto gli occhi di tutti la ribellione di molti dei territori accorpati). In alcuni passaggi inoltre si scontra con delle singolarità: ad esempio Basilicata, Umbria e Molise si troverebbero ad avere territori provinciali e regionali coincidenti, ma due giunte, due presidenti…dove sta il risparmio ? E come saranno distribuite le competenze ?

O si abolivano tutte le province, avviando una riforma seria e affrontando il problema della redistribuzione delle competenze, o francamente, era meglio lasciare le cose come stanno e concentrarsi su altri sprechi.

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