Alessandro Sallusti condannato a 14 mesi di carcere. E’ una vergogna!

Traballa la democrazia. ”Nessun giudice può mandare in carcere qualcu­no per le sue idee”

Oggi pomeriggio la V Sezione Penale della Corte di Cassazione ha confermato i 14 mesi di reclusione in carcere al direttore de “Il Giornale” Alessandro Sallusti per diffamazione aggravata. “Non ho alcuna intenzione di chiedere misure alternative alla galera”, ha dichiarato con orgoglio il direttore. “Andrò in carcere”. Sallusti è stato condannato in seguito al verdetto emesso dalla Corte d’Appello di Milano il 17 giugno 2011, per un articolo pubblicato sul giornale “Libero” quando era direttore responsabile.
E’ una vergogna. La redazione di Piacenza Night è allibita. Ci sono assassini a piede libero, ladri e truffatori che si fanno beffe del sistema, e un uomo rischia 14 mesi di prigione per un articolo scritto su un giornale.

Riportiamo uno stralcio dell’editoriale pubblicato da Sallusti domenica scorsa.

“Eccomi. Sono quel sog­getto “socialmente pe­ricoloso”, così è scrit­to nella sentenza, che mercoledì sarà arrestato se la Cassazione confermerà il ver­detto emesso contro di me da un giudice di Milano. Un anno e due mesi di carcere per aver pub­blicato, anni fa su Libero che al­lora dirigevo, un articolo critico nei confronti di un magistrato che aveva autorizzato una tredi­cenne ad abortire. Non ho prece­denti penali (come tutti i diretto­ri, che in base a una assurda leg­ge rispondono personalmente di tutto ciò che è scritto, sono sta­to condannato più volte a risar­cimenti pecuniari), non ho mai fatto male volontariamente a una mosca né mai lo farei.
Combatto da oltre trent’anni su quel magnifico ed esaltante ring democratico che è l’infor­mazione. Ne ho più prese che da­te ma non mi lamento, mai ho ri­sposto con querele a insulti e mi­nacce.
(…)
A volte ho sbagliato? Certo che sì, e ho sempre pagato in tut­ti i sensi. Sono un liberale, amo e mi batto per la libertà mia e di tutti, e per questo sono orgoglio­so di dirigere oggi il quotidiano della famiglia di Paolo Berlusco­ni, famiglia che la libertà ce l’ha nel sangue, fin troppo direbbe­ro alcuni. Potrei difendermi dalle accu­se sostenendo, come è vero, che quell’articolo non l’ho scritto io, o cose del genere. Non lo farò perché ho la profonda convin­zione che nessuno, dico nessu­no, debba andare in carcere per una opinione, neppure la più as­surda. Se danno c’è stato che venga quantificato e liquidato. Ma nulla di più è dovuto. L’erro­re ha un prezzo, un principio no. E il principio che non ha prezzo è che nessun giudice può mandare in carcere qualcu­no per le sue idee. Se accettassi­mo questo sarebbe la fine della democrazia, tutti noi saremmo in balia di pazzi, di uomini di Sta­to in malafede, di ricattatori. Io sono disposto a pagare un equo indennizzo, ma non baratto la mia libertà.
Per questo ho detto no a scorciatoie che i miei nuovi e bravissimi avvocati mi hanno proposto. La classe dei magistrati che ha partorito questo obbrobrio ab­bia il coraggio di correggersi o l’impudenza di andare fino in fondo. Non ho paura”.

Noi si. Quando vacilla la democrazia cominciamo davvero ad avere paura.

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