Video porno di Belen. Procedimento archiviato. Per la Procura di Milano non ci sono prove

La Procura della Repubblica di Milano ha chiesto l’archiviazione del procedimento penale. Ma cosa prevede il codice per fatti simili?

Il filmato messo in rete lo scorso autunno ritraeva una giovanissima Belen Rodriguez in intimità con un suo ex fidanzato. La Procura della Repubblica di Milano aveva aperto un fascicolo per l’ipotesi di reato di diffusione di materiale pedopornografico (si riteneva che la show-girl all’epoca fosse minorenne) e per tentata estorsione (pareva fosse stato chiesto una somma in cambio della non diffusione del video). Ora la Procura ha chiesto l’archiviazione del procedimento in quanto mancherebbero le prove sia della minore età che del ricatto.
Ma tralasciando la peculiarità di questo fatto cronaca, cosa rischia chi decida di diffondere in rete immagini di un’altra persona in atteggiamenti intimi?
Se le immagini vengono carpite in luogo di privata dimora e senza il consenso dell’avente diritto la pena è fino a quattro anni di reclusione (art. 615 bis del Codice Penale).
Se invece il consenso alla registrazione vi era, la diffusione è punita con la reclusione fino a tre anni purchè essa sia stata realizzata con la finalità di provocare un danno o di trarne profitto e sempre che essa abbia determinato un nocumento alla vittima (in tal caso è applicabile la normativa sul trattamento e la diffusione dei dati personali sensibili tra cui risultano compresi quelli rivelativi della vita sessuale).
In aggiunta potrebbe anche configurarsi il reato di diffamazione per la lesione della reputazione che dalla diffusione delle immagini possa derivare.
Il fenomeno pare purtroppo di assoluta attualità e in preoccupante espansione. Gli strumenti offerti dalla legge per punire, impedire o quantomeno limitare la diffusione illecita di immagini sono sicuramente inadeguati. In mancanza, dunque, di una cura efficace non rimane che una prudente prevenzione!

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