Doping. Per il ciclista Riccardo Riccò carriera finita

Dodici anni di squalifica per l’autoemotrasfusione del febbraio 2011

6 febbraio 2011: Riccardo Riccò, astro nascente del ciclismo italiano, viene portato all’ospedale di Pavullo nel Frignano, in provincia di Modena, in condizioni gravissime, per un blocco renale conseguente ad una setticemia. L’infermiere che gli praticò la prima flebo notò immediatamente un ematoma tipico di una puntura da ago sul braccio. Nonostante la difesa del corridore avanzasse la tesi di un’infezione causata da una flebo infetta, la superperizia ordinata dal giudice Francesco Plotino confermò quello che il ciclista disse ai medici al momento dell’arrivo in ospedale, cioè di essersi fatto “una autotrasfusione con il sangue che conservava in frigo da 25 giorni”.
Il Tribunale nazionale antidoping di Roma ha così emesso la sentenza che mette in pratica fine alla carriera agonistica del modenese: 12 anni di stop. Riccò, recidivo perchè trovato positivo al CERA durante il Tour de France 2008, è stato condannato anche ad una sanzione economica di 5mila euro, oltre al pagamento delle spese procedurali quantificate in 15mila euro.

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