Quanti lavoratori si ammalano di stress?

Una recentissima circolare del Ministero del Lavoro Dipartimento Generale della Tutela delle condizioni di lavoro del 18/11/2010 in attuazione del ”Testo unico sulla salute e la sicurezza nel lavoro” ha infatti stabilito una serie di linee guida ch

Quanti lavoratori si ammalano di "stress"? Si perché lo stress da lavoro può essere considerato una malattia professionale al pari di tante patologie connesse all’ambiente lavorativo, anche perché come è noto sul il datore di lavoro incombono obblighi ben specifici derivanti dalla legge e dai regolamenti e quindi di monitorare eventuali situazioni che possono arrecare danno alla salute del dipendente.
Una recentissima circolare del Ministero del Lavoro Dipartimento Generale della Tutela delle condizioni di lavoro del 18/11/2010 in attuazione del "Testo unico sulla salute e la sicurezza nel lavoro" ha infatti stabilito una serie di linee guida che obbligheranno i datori di lavoro a verificare per attenuarli fino ad eliminarli tutti i fattori di rischio: dagli orari, ai turni, alla carriera, alla precarietà e finanche agli attriti tra colleghi.
Anche se, secondo Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale "Tutela del Consumatore" di Italia dei Valori e fondatore dello "Sportello dei Diritti", la circolare non aggiunge nulla di nuovo alla legislazione in materia se non ulteriori obblighi di valutazione dei fattori che possono determinare lo stress e di opportuni interventi tesi a rimuovere tali elementi, poiché come detto, il datore di lavoro soggiaceva e soggiace comunque ad una serie di doveri, non sempre rispettati, derivanti dalla legge a partire dall’art. 2087 del codice civile che impone la tutela dell’integrità psicofisica del lavoratore e della sua dignità morale oltre a normative ancora più specifiche fino a quella penalistica applicabile a partire dal reato di lesioni, lesioni colpose o maltrattamenti nel caso in cui sia dimostrabile che lo stress sia una patologia conseguente al luogo di lavoro ed alla mancata predisposizione delle idonee misure per rimuovere i fattori di rischio da parte del datore.
Quindi dal 1 Gennaio 2011, tutti i datori di lavoro pubblici o privati, avranno l’obbligo di ottemperare alle disposizioni di legge emanate nel 2008, che in realtà dovevano già essere in vigore dal 1 agosto scorso, ma una precedente circolare ministeriale aveva dato proroga per il 31 dicembre 2010, indicando l’obbligo di avviare la procedura di valutazione del rischio stress: il datore di lavoro doveva monitorare i propri dipendenti scegliendo un campione da intervistare per valutare le situazioni di rischio.
Come detto la circolare esplica le varie fasi e le linee guida che nell’intenzione del governo serviranno ad eliminare i fattori di rischio – stress, ove presenti: innanzitutto, la lettera del Ministero parte dalla definizione dello "stress lavoro-correlato". Sempre secondo la nota ministeriale, la valutazione avverrà in due fasi, la prima, obbligatoria, servirà a rilevare "indicatori oggettivi e verificabili" di vario tipo, dall’indice di infortuni alle "specifiche e frequenti lamentele formalizzate da parte dei lavoratori", dai turni ai "conflitti interpersonali al lavoro", dalla corrispondenza tra le competenze dei lavoratori e ciò che viene richiesto loro, all’"evoluzione e sviluppo di carriera".
Qualora non dovessero emergere fattori di rischio, il datore di lavoro dovrà solo segnalarlo in un apposito documento di valutazione del rischio e prevedere comunque un piano di monitoraggio: al contrario, se risultassero sussistere elementi in grado di causare stress, si passa alla seconda fase, cioè all’adozione di "opportuni interventi correttivi" e se la situazione non dovesse migliorare, alla "valutazione approfondita" attraverso "questionari, focus group e interviste semi-strutturate".

Giovanni D’Agata
componente del Dipartimento Tematico Nazionale "Tutela del Consumatore" di Italia dei Valori e fondatore dello "Sportello dei Diritti"

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