Le mutilazioni genitali alle bambine africane vengono praticate anche a casa nostra

L’orrenda abitudine non può essere liquidata come "una pratica culturale e tribale diffusa" e va combattuta con determinazione

La vice presidente del Senato, Emma Bonino, in una campagna dell’Associazione radicale "Non c’é pace senza giustizià", ha richiesto che entro l’anno l’Assemblea generale dell’Onu metta al bando le mutilazioni genitali femminili.

L’orrenda pratica che prevdere la mutilazione dei genitali delle bambine in età pre-adolescenziale è praticata anche in Italia, in particolar modo in quattro regioni: Emilia-Romagna, Lombardia, Lazio e Veneto. Sono circa 110.000 le donne residenti in Italia ad avere subito queste pratiche aberranti, il 4,2% delle quali è rappresentato da bambine e adolescenti con meno di 17 anni che subiscono la mutilazione nel nostro Paese.

Secondo i dati dell’Oms (Organizzazione mondiale della sanità) tra i 100 e i 140 milioni di bambine, ragazze e donne nel mondo hanno subito mutilazioni genitali.

Il problema va affrontato senza nascondere la testa sotto la sabbia, o peggio riparandosi dietro al rispetto per le "differenze di cultura". A Piacenza, in Italia e nel mondo questa mostruosità va combattuta ed abolita, a vari livelli e con il coinvolgimento di tutti: Parlamento, Enti Locali e soprattutto informando e coinvolgendo la società civile.

Nell’immediato, però, non va dimenticato il dramma vissuto da chi ha già subito questo tipo di violenza. "C’é un problema sanitario immediato," ha spiegato Elisabetta Belloni, direttrice dell’Unità di Crisi del Ministero degli Affari Esteri, "ma anche le conseguenze sono drammatiche. E’ un dovere morale far sì che quelle donne che hanno subito le violazioni possano riconquistare uno standard di vita più accettabile".

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